Associazioni Sanguisuga e Fantasma si dividono i contributi pubblici

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Associazioni Sanguisuga e Fantasma
si dividono i contributi pubblici


Segnaliamo a chi ci segue la notizia pubblicata da “
La Stampa“ sul fenomeno purtroppo non nuovo nel nostro “Bel Paese”, ma che ogni volta ci mette di cattivo umore e induce a sogni tormentati: che strano popolo siamo noi italiani, capaci di sopportare di tutto e di più, con stoica rassegnazione.

In questo caso si tratta di associazioni sorte con la primaria finalità  di dividersi i contributi stanziati dallo Stato, a favore di chi dovrebbe difende i diritti dei cittadini consumatori.

La Stampa“ – ALLE SPALLE DEI CITTADINI  – Assalto alla diligenza dei Consumatori – Sedi fantasma e sigle sconosciute per incassare i contributi
RAPHAà‹L ZANOTTI

TORINO
A volte hanno strutture serie, con uffici legali, impiegati e consulenti. Altre volte, purtroppo sempre più spesso, sono ospiti da qualche parte, hanno a malapena una scrivania e un telefono, a cui non sempre risponde qualcuno. Sono le associazioni dei consumatori. Un mondo che, negli ultimi anni, si è trasformato diventando una vasca per piranha. Una vasca sempre più affollata, con sigle e nomi mai sentiti prima. La colpa, come spesso accade, è dei soldi pubblici. Briciole, rispetto ad altri ben più nutriti acquari. Ma briciole che hanno attirato sempre più persone, molte più o meno velatamente appoggiate dalla politica, che hanno cosଠdeciso di avere la propria organizzazione dei consumatori personale grazie alla quale bussare a quattrini.

Nuove sedi come funghi

Uno degli esempi più eclatanti di questa trasformazione in atto è il Piemonte, una delle patrie del consumerismo. Per dieci anni, dal 1994 al 2004, le associazioni riconosciute erano quattro: Federconsumatori, Adiconsum, Acu e Movimento Consumatori. Si spartivano i pochi fondi regionali girandoli ai loro sportelli. Venti milioni di lire a sportello. Poco, giusto la sopravvivenza dell’ufficio. Ma erano altri tempi: quelli della passione e del sacrificio.

Poi qualcosa è cambiato. àˆ stato nel 2004 quando un decreto del ministero delle Attività  Produttive ha deciso di destinare le multe comminate dall’Antitrust alle aziende alla tutela dei consumatori. E allora, la vasca, ha cominciato a riempirsi. Nel 2005 la nuova giunta regionale ha azzerato i fondi. Nel 2006 si riparte da zero: 911 mila euro da dividere. Tra chi? Tra tutti quelli che dimostravano di avere almeno duecento iscritti. Come? Autocertificandole. Risultato: le associazioni sono diventate dieci. Gli sportelli: 55.

Oggi prendono denaro pubblico per la propria attività  anche l’Adoc, l’Associazione Consumatori Piemonte, Cittadinanzattiva, Codacons e Casa del Consumatore. Il problema è che, quando ci si spartisce le briciole, e si è in tanti, resta poco. E cosà¬, paradossalmente, oggi ogni sportello prende meno di quanto si prendeva in precedenza. I primi a farne le spese sono state le associazioni storiche, che hanno strutture più corpose. Altri si sono arrangiati.

Se dietro c’è il sindacato

«Sono andato in via Alessandria 8 bis, nella sede che consigliate come Adoc. Nessuna traccia di associazione consumatori. Mi reco a Grugliasco in via Michelangelo 59. Nessuno nuovamente. Chiamo negli orari indicati, ma nessuno risponde. All’esterno dell’edificio sono sigle Uilm Uil e Lega Sindacale. Chiamo il sindacato e mi spiegano che l’Adoc riceve solo in via Cigna nella sede Uil. Ma io non voglio il sindacato, voglio un’associazione consumatori». Questo scriveva, il 25 ottobre scorso a un’associazione, Carlo, un consumatore. Di illecito non c’è nulla. L’Adoc, come altre associazioni, si arrangia. Usa le sedi della Uil (come la Federconsumatori quelle della Cgil e l’Adiconsum quelle della Cisl) nelle quali mette una scrivania e un telefono. «àˆ un problema – dice uno storico esponente del movimento consumatori che intende restare anonimo – perché è chiaro che a volte sindacato e consumatori sono in conflitto d’interessi. Senza contare la vera e propria posizione dominante di cui godono i sindacati quando bisogna prendere i contributi».

Circoli e avvocati

«Recandoci presso la sede vi sono affissi degli orari in cui, presentandoci, non abbiamo trovato nessuno. Nella stessa sede risulta solo esservi un circolo del signor Di Benedetto (Alessandro, ndr) candidato al Consiglio regionale. La Telecom ci fornisce un vostro unico numero telefonico ma vi è una segreteria telefonica con la comunicazione di un altro numero, che però corrisponde a un avvocato e non alla vostra associazione». Cosଠscrivevano, in una lettera alla Consulta dei consumatori del PiemonteMarziano Milani e Carla Piovano che volevano lamentarsi dell’Adusbef, associazione a cui si erano rivolti per il problema dei bond argentini. L’Adusbef si era limitata a indirizzarli presso un avvocato, che poi aveva fatto pagare parcella piena. Semplici passacarte?

Fantasmi

La Casa del Consumatore, legata al centrodestra, secondo l’elenco regionale, ha una sede. Peccato che a quell’indirizzo non si trovi nessuno. Ne ha un’altra, vera, intestata a un’altra associazione. Pochi, nel mondo delle associazioni dei consumatori, possono vantare di aver mai visto i titolari a una riunione.

Per entrare nell’elenco della regione Piemonte basta avere 200 tesserati (autocertificati). Per i contributi a livello nazionale si usa lo stesso metodo: bisogna dimostrare di avere 28.000 tessere. «In realtà  non le ha nessuno – dichiara l’operatore che mantiene l’anonimato -. Lo rivelò anche l’avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons, in un’intervista: i suoi associati erano falsi, esattamente come quelli di tutti. Ma a nessuno conviene tirar fuori la questione».

Il controllo non avviene nemmeno a posteriori. Esiste un rendiconto dei casi affrontati dalle associazioni ogni anno (circa 81.000 in Piemonte) ma anche questi sono numeri che vengono forniti dalle stesse associazioni. «In realtà  nessuno ci è mai venuto a controllare – dichiara l’operatore – se non quando abbiamo dovuto utilizzare fondi europei. In quel caso sଠche la Ue ha verificato tutto, fin nei minimi dettagli. àˆ da allora che alcuni di noi hanno preso a registrare le telefonate che arrivano, ma siamo in pochi a farlo».

Pesciolini tra i piranha

In mezzo a chi ne approfitta, ci sono i tanti che lavorano onestamente, i molti che ci credono. Sono di solito i primi ad aver iniziato le battaglie del movimento consumerista e che ancora si trovano a dover far quadrare i conti in piccole sedi. «Per un certo periodo ho gestito l’eurosportello a Roma della Comunità  europea – racconta per esempio Gavino Sanna -.

Avevamo 400mila euro a sportello e trattavamo mille casi all’anno. C’erano strumenti, traduttori, consulenti di diritto internazionale, certo. Ma pensavo anche al mio sportello a Torino, quello che gestisce 10.000 casi e 10.000 euro di contributi annuali»

Questo articolo è stato pubblicato il 16 Nov 2007 alle 21:34 ed è archiviato nelle categorie Attualità, NEWS DA VARAZZE. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi andare in fondo e lasciare un commento. Attualmente il pinging non è permesso.

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