Riscoprire il nostro passato: le quattro chiese di sant’Ambrogio a Varazze

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Varazze, 13.01.2022.                                 Home page

Riscoprire il nostro passato:
le quattro chiese di sant’Ambrogio a Varazze

(seconda parte) – Dopo avere amministrato per decenni la chiesa di sant’Ambrogio sulla collina di Tasca, retta da un prepositus, i Betlemmitani decisero di erigere un nuovo luogo di culto di maggiori proporzioni, più vicino al centro di Varagine, la cui popolazione era in aumento e alla principale via di transito.

 Tiziano Franzi

Di questa terza chiesa dedicata anch’essa a S. Ambrogio non restano purtroppo né documenti né resti apprezzabili. Si ritiene comunque che essa sia stata costruita verso la fine del XIII secolo/inizio XIV sec., con annesso ospizio e cimitero. Essa occupava una parte della stessa area dove ora sorge l’attuale chiesa di sant’Ambrogio, nell’omonima piazza.

Alla realizzazione dell’edificio, costruito in stile tardo romano lombardo, sovrintese il prevosto betlemmitano Bartolomeo d’Occitano (*1).

Della terza chiesa resta un tratto notevole del suo fianco verso nord, che chiudeva la navata sinistra. Su questa porzione di antico muro, che partendo dall’odierna sacrestia, corre lungo il corridoio di accesso al campanile, si notano tre begli archi a sesto acuto, tracce di archetti pensili, rosoni a doppio strombo e due finestre con arco a tutto sesto (*2).

     B.T. Delfino, Varagine,    Sabatelli ed., Savona, 1983

L’edificio sacro era orientato in senso contrario dell’attuale, secondo le regole di costruzione di tali edifici allora in uso nella nostra regione. Quindi la facciata con l’ingresso si trovava rivolta a ovest, verso l’attuale via Buranello e l’abside rivolta a est, dove ora si trova l’ingresso della chiesa attuale.
Di questa chiesa due/trecentesca è oggi possibile solo una ricostruzione ideale.

La chiesa, costruita in mattoni, a tre navate, cui in facciata corrispondevano tre ingressi: il centrale principale di altezza maggiore, i due laterali di altezza minore. Essa doveva misurare in lunghezza circa trenta metri e la sua collocazione era più spostata verso nord rispetto a quella della chiesa attuale.

L’unica testimonianza certa è una lapide in marmo che reca la data 1338, attualmente murata su una delle pareti del corridoio di ingresso alla sacrestia. La lapide, posta sulla facciata dell’antica chiesa, è incisa in caratteri gotici e porta ai lati due stemmi oggi purtroppo illeggibili, probabilmente a causa della pratica di damnatio memoriae in uso negli anni della Rivoluzione francese. In essa (in traduzione) si legge:

Lapide in marmo del 1338

“MCCCXXXVIII mese d’agosto. Questo portale fu fatto al tempo del Podestà di Varazze Rizardo di Credenza … per merito dei signori Raffaele D’Oria e Federico e Dorino D’Ora suoi nipoti e signori di Varagine, Celle e Albisola …, essendo massari Guglielmo Solaro e Ansaldo Novello. Maestro Giacomo fece”.

E’ indubbio l’importanza di tale lapide che fornisce una indicazione precisa dell’anno (1338) in cui fu terminato il portale della chiesa, il nome dei signori che con il loro finanziamenti ne permisero la costruzione e quelli dello scultore e delle maestranze che vi operarono. Probabilmente tale data segna l’atto finale della costruzione della chiesa (oggi diremmo della sua inaugurazione ufficiale), mentre l’inizio della costruzione dell’intera chiesa deve essere retrodatata di alcune decenni. E’ infatti ancor oggi discussa la datazione esatta dell’edificio, che oscilla tra la fine del XIII secolo e gli inizi del secolo successivo.

Abbiamo però testimonianza che la chiesa fu visitata da santa Caterina durante il suo soggiorno a Varagine tra il 3 e il 6 ottobre 1376 e che qui la santa andò due volte in estasi, all’apparirle della Vergine Maria. Il beato Raimondo da Capua, al seguito della santa come suo confessore e suo biografo annota che:
“Nell’anno 1375 il 5 ottobre, giorno di domenica, mentre eravamo nella riviera occidentale di Genova, a Varagine, dal nostro ritorno da Avignone, nella chiesa ivi principale, rapita al solito in estasi, apparve alla Benedetta Vergine il Signore…”.

Di quella antica chiesa (la terza con dedica a sant’Ambrogio) resta lo splendido campanile (u campanin russu) in mattoni, che si innalzava sull’angolo nord est dell’abside, in testa alla navata sinistra, su una base quadrata di cinque metri di lato, dove oggi trova posto il fonte battesimale, sfruttando il basamento di una precedente torre di avvistamento.

La sua parte inferiore è in pietra squadrata e senza aperture che funge da base ai cinque piani superiori. Il primo piano presenta una fila di otto archetti pensili e le trifore che la ornavano – come nei piani – come nei piani superiori – vennero in seguito murate nel 1600 quando venne sistemato l’orologio; le pareti degli ultimi due piani sono ornate da eleganti trifore, con colline che terminano con capitelli “a gemma”.

       U campanin russu

Il campanile, da terra alla gronda antica misura metri 27,50; nell’Ottocento vi fu sovrapposta una guglia in cemento, che porta all’altezza complessiva di 33 metri (*3).
Soggetto a restauri di sicurezza nel ‘600 e nel ‘700, le profonde crepe strutturali causate dal bombardamento aereo che nel novembre 1944 colpì la zona adiacente, fu sapientemente restaurato sia con opere di consolidamento interno sulla struttura muraria, sia esteticamente, con lavori che si protrassero tra il 1968 e il 1970. Decorano le pareti esterne del campanile numerosi “bacini” di provenienza ispanica, in ceramica e di foggia differente, con ricchi ornamenti a vividi colori, con dimensioni che variano da 12 a 35 cm; oggi ne restano 24, ma in origine dovevano essere una trentina.

L’ornamento delle facciate delle chiese dell’epoca era spesso costituito da tali manufatti, forse ispirate nei decori alla fattura islamica, ma realizzati da fornaci moresche attive nella Spagna e portate in Italia (e non solo) grazie ai traffici mercantili marittimi. Simili, ma più antichi bacini ornavano anche la facciata di s. Ambrogio vecchio. La torre campanaria ospita oggi nella guglia superiore cinque campane, tre delle quali – le più piccole – risalgono al 1884, mentre la più grande – il cosiddetto campanone, fu fusa e inaugurata nel 1992 (*4).

La costruzione risultò molto vicina alla cinta muraria difensiva, che quasi ne soffocava l’ingresso. Anche per questo, e per specifica richiesta del popolo varazzino, nel 1535 si diede inizio alla realizzazione di una nuova chiesa (la quarta per l’appunto), sempre intitolata a s. Ambrogio.
Il progetto previde un’autentica rivoluzione, con l’abbattimento pressoché totale della chiesa romanica – salvo il campanile e parte del muro a settentrione, come detto sopra – lo spostamento di alcuni metri verso il mare del muro meridionale, per dare maggiore ampiezza alla chiesa, e soprattutto il ribaltamento del suo orientamento, ora con abside a ponente e facciata-ingresso a levante, com’è a tutt’oggi.

Di tale ricostruzione resta testimonianza in una lapide in marmo del 1338 che ricorda:
Col denaro pubblico di Varazze il tempio si sant’Ambrogio a causa della sua vetustà fu ricostruito nell’anno 1535 dal parto della Vergine e consacrato dal rev.mo Mons. Giovanni Ambrogio Fieschi, vescovo di Savona l’anno 1565, il giorno 30 marzo”.

E’ interessante notare come nella storia di entrambi le chiese “nuove” di s. Ambrogio, siano coinvolte le più importanti famiglie della nobiltà e del potere del genovesato, i D’Oria e i Fieschi.

La notevole distanza di tempo – trent’anni- che intercorre tra la costruzione della (quarta) chiesa – 1535 – e la sua consacrazione – 1535- induce a pensare che la cerimonia ufficiale sia avvenuta soltanto in quella data perché “non si è trovato segno né memoria che fosse mai stata consacrata(*5) in precedenza, come ricorda un documento già conservato nell’archivio comunale di Varazze.

Nella costruzione cinquecentesca, rispetto a quella romanica, fu realizzato il prolungamento della navata centrale, l’ampliamento del presbiterio e la costruzione di alcune delle cappelle laterali, grazie al suo maggiore dimensionamento nella larghezza dell’edificio. Tali cappelle furono realizzate in parte nel XVII sec., come ricorda una deliberazione dell’8 maggio 1605, con cui la Comunità fece costruire la Cappella del Beato Giacomo, nella navata a sinistra (*6) e in parte nel secolo successivo.

La piazza con il bellissimo ornamento a “risseu” del 1759

La nuova chiesa poté inoltre essere dotata di un ampio sagrato che, nel 1759, fu definitivamente abbellito con la lavorazione a “risseu”, tipicamente ligure, contornata da fasce in mattoni.

Il gusto barocco portò a sostituire l’essenzialità dell’architettura romanica con la vistosità di quello dell’epoca, che tutt’ora denota l’interno della chiesa, con la grande cupola, innalzata all’incrocio dei bracci del transetto e la ricca ridondanza degli elementi decorativi.

Tre ulteriori importanti modifiche segnano la storia di questa chiesa. Infatti intorno al 1740 l’altare maggiore, in marmo policromo, fu trasferito nell’oratorio di san Bartolomeo e sostituito dall’attuale, terminato nel 1790, che sorregge il gruppo scultoreo in marmo della Vergine Assunta, realizzato dal prestigioso artista genovese Francesco Maria Schiaffino.

Sempre su commissione della famiglia Lomellino (il cui nobile palazzo – notevole esempio di architettura gentilizia ligure del XVII secolo – è prospiciente alla piazza), come il precedente altare, nel 1759 fu inoltre realizzato il nuovo sagrato, con una bellissima lavorazione tipicamente ligure a “risseu”: un mosaico di ciottoli di mare bianchi e neri, con una cornice in mattoni disposti a lisca di pesce.

L’altra – e definitiva modifica – riguarda la facciata della chiesa: per volontà popolare la semplice facciata secentesca fu sostituita con l’attuale, fra il 1916 e il 1920.

La facciata secentesca e quella       attuale a confronto

Una lapide, collocata fra l’ingresso destro e il battistero ricorda che la realizzazione della nuova facciata fu affidata dal clero e dal popolo nell’anno 1916 all’arch. Camogli.

Così la storia delle chiese di S. Ambrogio in Varazze si è dipanata per ben otto secoli, segnando in  modo tangibile l‘evoluzione della storia di questa città.

Tiziano Franzi

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(*1) – C. Doglio, Sant’Ambrogio Varazze, ed. Parrocchia di s. Ambrogio, Varazze, 2017
(*2) – G. Costa, Saggi storici su Varazze, editore Sean, Varazze, 1973
(*3) – C. Doglio, op. cit.
(*4) – C. Doglio, op. cit.
(*5) – G. Costa op. cit.
(*6) – G. Costa, op. cit.

Questo articolo è stato pubblicato il 13 Gen 2022 alle 08:10 ed è archiviato nelle categorie Attualità, NEWS DA VARAZZE, VARAZZE IN RETE. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi andare in fondo e lasciare un commento. Attualmente il pinging non è permesso.

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