Il Marchesato di Invrea – Parte seconda

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Varazze, 2.07.2022.                                 Home page

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Il Marchesato di Invrea

(Parte seconda)Alcuni Invrea intorno al 1450 si trasferirono definitivamente a Genova, dando inizio a una discendenza di ricca nobiltà, dedita soprattutto al commercio e all’imprenditoria.

Il primo a trasferirsi fu Pietro “Pietro INVREA, Patrizio Genovese, secondo alcuni discendeva dai Soleri di Ivrea, secondo altri era proveniente da Invrea, presso Varazze (+1430)” – (*1).
Altri discendenti furono membri del Senato della Repubblica di Genova. Tra essi Silvestro Invrea fu doge della Repubblica “SILVESTRO INVREA, Patrizio Genovese, riassunse il cognome originario dopo le Leggi di Casale del 1576, Padre del Comune di Genova nel 1567 e nel 1568, Senatore della Repubblica di Genova nel 1587, Magistrato di Corsica nel 1592, eletto Doge della Repubblica di Genova il 3-III-1607 (morto in carica) – (*Genova 1530 c.a., +Genova 17-III-1607, sepolto nella Cappella del Santissimo Crocifisso della Chiesa di Nostra Signora del Monte di Genova). – (*2)

Tra i discendenti più noti e benestanti occorre ricordare Giovanni Tommaso Invrea (1597-1650) che nel suo testamento destinava un grosso lascito all’erezione d’una chiesa in Genova col titolo di N.S. del Rimedio e stabiliva che la fabbrica si doveva iniziare un anno dopo il giorno della sua morte.
Il lunedì 12 giugno 1651 venne posta solennemente la prima pietra della chiesa della quale è ignoto l’architetto.
Il 14 agosto 1673 venne benedetto l’altar maggiore sul quale l’indomani, solennità dell’Assunta, fu celebrata la prima S. Messa.

Nel 1712 la chiesa era officiata da una Confraternita intitolata all’Angelo Custode; il titolo spiega perchè la chiesa del Rimedio a tutt’oggi dai Genovesi è chiamata la chiesa dell’Angelo.
La chiesa fu demolita nel maggio 1898 e l’anno seguente iniziò la nuova costruzione su progetto degli ingegneri Natale Gallino e G.B. Odero. Fu inaugurata il 17 aprile 1904;
A ricordo di quella donazione è stata affissa una targa, ancor oggi visibile in piazza Alimonda a Genova.

Il testamento è stato redatto in Napoli il 23 giugno 1650

In esso lo stesso Giovanni Tommaso Invrea scrive:

“Io Gio. Tommaso Invrea del q. Gio. Paolo considerando la fragilità di questa vita, nella quale si ritrova ciascheduno in qualsivoglia tempo, e stato, che sia ho ordinato, e fatto presente il mio Testamento inscritto, chiuso, e sigillato nel modo, che segue. Il quale non valendo come Testamento chiuso, vaglia come nuncupativo – (*3) o per Codicillo, o per donazione causa mortis, e per ogni miglior via mi è permesso di ragione, proibendo falcidia, trebellanica – (*4), ed ogni altra deduzione. […]

Voglio che, quando a Nostro Signore Iddio piacerà, che io passi all’altra vita, il mio Corpo sia sepolto nella Venerabile Chiesa di S. Giorgio della nostra Nazione Genovese sita al largo del Castello di quella città senza pompa funerale. Item voglio, che tutti li mobili, argento, suppellettili, oro, gioie, argento, nomi di debitori, ed esigenze, che si ritroveranno nella mia eredità, si debbano all’infrascritto Esecutore ed Amministratore degli effetti e dei beni di mia eredità […]

Item voglio che li frutti che matureranno ed altri beni saranno nella detta mie eredità, anno per anno, si debbano spendere per erigere, e fondare nella detta città di Genova una chiesa sotto il titolo di Nostra Signora del Remedio, il tutto a sua Santa gloria e per divozione di me testatore, la quale fabbrica si debba principiare fra un anno al dì di mia morte, e così sempre continuare fin tanto sarà finita, e compita in quella forma, che è meglio parerà a detti signori Amministratori e Governatori ed in essa Chiesa si possono sotterrare tutti della mia famiglia Invrea, e non altri. […]

Istituisco, e faccio, e con la mia propria bocca, nomino mio erede universale, e particolare il detto Monte da me di sopra istituito, eretto e fondato, nominato Nostra Signora del Remedio in tutti i miei beni, mobili, stabili, annue intrate, censi, suppellettili, oro, argento lavorato e non lavorato, danari, gioie, nomi di debitori, ragioni, azioni ed altri qualsivoglia che mi spettano e possono spettare in qualunque modo in l’avvenire. […]

Io Gio. Tommaso Invrea, confirmo quanto di sopra”.

Concludono il testamento la formula di rito con cui sottoscrive il tutto Gio. Geronimo Spinola q. Jo: Bapt. Console “Nos Joannes Hieronymus Spinula Consul pro Sereniss. Reipubl. Genuen. In hac civitate Neap. fidem facimus” e il nome del notaio Sebastianus Pignatarius Not. Act. Con l’apposizione del proprio sigillo.

Tiziano Franzi

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(*1) – ibidem
(*2) – http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterai/invrea.htm
(*3) – Nuncupativo: il testamento fatto oralmente dal de cuius in presenza di testimoni
(*4) – Trebellanica: quota dell’eredità (non minore di una quarta parte del totale) che all’erede è permesso di ritenersi nel restituire fidecommissi universali. Si tratta di un istituto giuridico con cui il testatore vincolava i beni ereditari ai proprî discendenti per più generazioni, così che tali beni diventavano inalienabili e non potevano uscire dalla famiglia.

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 Lug 2022 alle 07:11 ed è archiviato nelle categorie - Riscoprire il nostro passato, Attualità, NEWS DA VARAZZE. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi andare in fondo e lasciare un commento. Attualmente il pinging non è permesso.

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